13 dicembre 2015, Pescara.

Pescara.
Che città particolare.
Quanti ricordi del passato, dei nonni, delle Barbie comprate nei negozi di giocattoli del centro.
L’odore della casa dei nonni, quei pavimenti di graniglia, l’immensa libreria del nonno che profuma di carta e muffa.
Questo ponte, quando ero piccola, non esisteva. E il mare si vedeva solo dal porto.
Il porto di Pescara mi ha sempre messo tristezza: l’unica cosa che lo rendeva speciale era quel ristorante di pesce, “Da Franco”, dove andavamo ogni volta che tornavamo giù in Abruzzo a trovare mio nonno.
Lo andavamo a prendere dalla casa di riposo per ex dipendenti statali, poco più là vicino alla pineta dannunziana, e lo portavamo a riempiersi la pancia con gli antipasti caldi e freddi, le pirofile di pasta, i secondi e il dolce con cui si leccava i baffi.
Il nonno profumava sempre di violetta di Parma, ma di questo ne parliamo un’altra volta.
Se vuoi leggere subito, ogni volta che scrivo una cosa nuova: