Tre cose dal passato e una mancanza.

Firenze, 2016

Rileggendo un vecchio diario del liceo ho notato tre cose.

La prima: non segnavo mezzo compito manco se mi pagavano.
Segnavo solo i voti delle verifiche. I testi delle canzoni degli Incubus.
Gli impegni pomeridiani con le amiche. Le mie priorità, insomma.

La seconda: avevo già un affilato sarcasmo e una gioiosa consapevolezza dei miei limiti, intesi come bordi da cui non saper uscire in quel momento.
Mi sentivo carina ma mi facevo anche schifo.
Ero in lotta perenne con lo specchio ma avevo anche imparato a farmi gli autoritratti con la mia prima macchina fotografica. Con buona pace di quelli che – ora – chiamiamo selfie.
Dopo cena andavo in camera con la mia adorata Casio nera, sottile e con un gigantesco schermo sul retro con cui riguardare le foto.
La appoggiavo su un ripiano della libreria e scattavo.
Spesso in bianco e nero, nessun set né abbigliamento particolare.
Solo bronci adolescenziali e sopracciglia sottili.
Solo la mia faccia.
Fotografarmi mi serviva per capire chi ero.
O chi speravo di diventare.

La terza: in fondo ero felice. Anche se pensavo mi mancasse sempre qualcosa. E forse è una sensazione che mi rimarrà addosso per sempre.

A proposito.
Oggi, su Instagram, mi è capitato il profilo di una ragazza dal viso pulito, discreta, allegra.

Mi sembrava di conoscerla e ho guardato qualche foto.
Sotto un carosello di foto con amici, parenti, cani e gatti, feste e ristoranti, c’era scritto:
«Non mi manca niente».

Ho riflettuto un attimo e ho pensato, beata te cara mia.
Poi ci ho ripensato più a lungo e mi sono detta: no, un attimo.
Che manchi qualcosa è giusto.
Forse ci saranno momenti in cui saremo sereni a prescindere, non dico che bisogna essere tormentati per tutta la vita, anzi.
Ma io parlo di quella sottile sensazione di poter fare ancora di più, ancora meglio, pensando ai posti ancora da vedere, alle centinaia di libri ancora da leggere, i filosofi da studiare, i nomi degli imperatori da imparare, le ricette da provare, le persone da conoscere, le esperienze da vivere.
Come si fa a dire: non mi manca niente.
Magari a livello materiale, sì. Ne abbiamo anche troppi di oggetti superflui. Di oggetti che, se ce li togliessero, dopo qualche settimana neanche ce ne accorgeremmo.
Ma di emozioni e sensazioni, come si fa a dire non mi manca niente?
Parliamone.

«Finché si avranno passioni non si cesserà di scoprire il mondo»
Cesare Pavese


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9 risposte a “Tre cose dal passato e una mancanza.”

  1. Anche io adoravo gli Incubus. Oggi me li metto in cuffietta.
    Delle superiori ho pochi ricordi, molto sfuggevoli…mi sembra un periodo non vissuto a pieno, che mi è semplicemente scivolato dalle dita.
    Ecco cosa mi mancava che ho appreso con il tempo: a godermi i momenti e a fissarli bene nella memoria.

    Piace a 1 persona

    • Che bello averti fatto tornare voglia di ascoltarli, Letizia!
      Purtroppo di periodi così ce ne sono, a volte penso sia giusto lasciare scivolare qualcosa per tenere più stretto qualcos’altro. Mi sono accorta che personalmente faccio fatica a ricordarmi volontariamente qualche avvenimento: la memoria conserva quello che le è più funzionale, in un certo senso.
      Però scrivere e fotografare sono due ottimi modi per fissare meglio i ricordi. Un abbraccio!

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