Quando ve ne andate, care le mie nuvole?
Se il cielo non è terso, ci sembra quasi sbagliato.
Sbagliato perché non assomiglia neanche lontanamente allo sfondo Windows 95 con la collinetta verde intenso e il cielo azzurro evidenziatore.
Se le cose non vanno come diciamo noi, allora pensiamo che siano sbagliate.
Ma forse, a volte, le cose vanno come devono andare e, a posteriori, vanno benissimo così.
Ho passato molti anni a prendermela con le persone che incontravo per lavoro, solo perché non mi davano la risposta che volevo sentire.
Oggi, ad esempio, ho rivisto e conversato in modo garbato con una commerciante che ho detestato per molto tempo solo perché criticò malamente un progetto a cui lavoravo tanti anni fa.
Mi ricordo che glielo presentai con ferma convinzione (e forse pure un po’ di superbia) e il suo pungente commento mi fece uscire il fumo dalle orecchie.
Pensai: come si permette? Come osa?
Se ci ripenso ora mi viene da ridere e dico: ma sai che c’aveva pure ragione.
Sicuramente c’è modo e modo di dire le cose ma oggi, dopo essere passati quegli otto, nove anni di bastonate lavorative, quel suo commento non mi farebbe nessun effetto.
Al massimo mi solleticherebbe e basta.
Quindi sì, le bastonate sui denti fanno male, ma a volte sono perfette per rendersi conto che non abbiamo sempre la ragione in tasca; che a volte ci possiamo sbagliare malamente, che a volte si può cambiare idea su una persona, un progetto, una città; che a volte ammettere di non averci capito un tubo è una gran liberazione.
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Ci guardo in pausa pranzo. 