
“Nessun filtro su Ravenna”, scrivevo in questo vecchio post.
Mia cara città, tu non hai idea di quanto io ti voglia bene. E di quanto mi piaccia mostrarti a chi viene da fuori, prendendoli per mano e portandoli a vedere ogni angolino di te.
Sei piccola, ma così accogliente.
Sei quella che nessuno si aspetta.
Quella che da fuori dici “Bah” e poi però hai bisogno di tornarci il più presto possibile.
Sei la città che ha coccolato ogni mia paura, che ha dato un senso alle lacrime, che in ogni caso è sempre pronta a stringermi e a farmi sentire protetta anche quando vorrei fuggire via e basta.
Sei intima, ospitale, sei quella sensazione di domenica pomeriggio uggiosa, sotto le coperte, con una tazza di qualcosa di caldo in mano da sorseggiare.
Non sei sfarzosa e strombazzante e assordante.
Ti fai amare poco alla volta, a piccoli passi sul lastricato scivoloso di via Cavour. O nel silenzio di San Vitale quando i turisti sono andati a cena.
Ti fai amare anche con quella tua viabilità sconclusionata e bislacca, fatta di rotonde che non portano da nessuna parte, immissioni pericolose e grandi strade fatte di corsie in cui puoi sempre tornare indietro all’ultimo se cambi idea.
So che sono di parte ma ogni volta che vado a visitare un’altra città penso a come sto bene sotto le coperte di Ravenna, come si sta bene in quella sensazione in cui nulla si muove ma in realtà tutto va avanti.
Ti vorrei dire grazie, per avermi accompagnata in tutti i miei giri vorticosi, di felicità, di attesa, di rabbia, di noia, di angoscia, di fastidi, di pace, di soddisfazione.
E, per farlo, continuerò a scrivere di te ogni volta che posso.
Se vuoi leggere subito, ogni volta che scrivo una cosa nuova: